Risale al 2015 la Legge di Stabilità che ha introdotto il Patent Box, un regime opzionale che dà la possibilità di escludere dalla tassazione una parte dei ricavi derivanti dallo sfruttamento di specifici beni immateriali: il loro uso è stato infatti riconosciuto esente fino al 50% dall’imponibile IRES ed IRAP.
Cosa si intende per “beni immateriali”?
Con questo termine si indicano le opere d’ingegno che possono essere incluse nelle seguenti categorie: brevetti, software, disegni, modelli, informazioni aziendali ed esperienze tecnico-industriali giuridicamente tutelabili. Per queste, lo Stato Italiano ha riconosciuto un’agevolazione fiscale che ha l’obiettivo di incentivare tutte quelle imprese che esercitano attività di Ricerca e Sviluppo.
Invece, sono da escludere dalla definizione di beni immateriali, i marchi di impresa e marchi collettivi registrati o in fase di registrazione, che dal 1° gennaio 2017 non possono più beneficiare della tassazione agevolata.
Alcuni dati sul Patent Box
Analogamente ai regimi di tassazione agevolata presenti negli altri paesi europei, il Patent Box nasce come risposta all’evidenza che, anche in Italia, i beni immateriali stanno diventando sempre più centrali nella creazione di valore aggiunto.
Ma in che modo le aziende stanno effettivamente sfruttando quest’agevolazione?
Ad oggi, i dati raccolti ci dicono che la gran parte dei beni per cui è stata fatta domanda appartiene ai marchi, con il 36% delle richieste (ma che risultano esclusi dopo la nuova normativa del 2017). Segue quindi il know-how, con un 22% e i brevetti con un 18%, mentre per i disegni e modelli e i software protetti da copyright si parla rispettivamente del 14% e del 10%.
Inoltre, è stato osservato che gran parte dei beni agevolati viene utilizzato direttamente dalle imprese che lo richiedono, con il 94% del totale. Una tendenza significativa, anche alla luce dei limiti fissati dall’Ocse per evitare abusi. Tra questi, il cosiddetto “nexus approach”, con il quale i vantaggi fiscali si applicano solo in caso di connessione diretta tra redditi d’impresa e innovazioni. È questo il caso di una fabbrica di auto che inventa un motore meno inquinante o di un'azienda di macchine per la lavorazione del legno che, dopo anni di ricerche, brevetta una nuova tecnologia disruptive.
Esempi che fanno capire il fine ultimo di questo regime: supportare le aziende che investono in brevetti e invenzioni tutelando il Made in Italy e l’ingegno italiano, per mantenere tali beni all’interno del nostro Paese ed evitare la “fuga dei cervelli”.
Un vantaggio per le aziende e per l’Italia
L’esito sperato è quello di un Paese più competitivo dal punto di vista economico e industriale, prima ancora che fiscale: a differenza di altre agevolazioni, che si limitano a incentivare solo l’avvio e lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo, qui contano e vengono premiati i risultati, ovvero gli utili che le opere d’ingegno sono in grado di produrre. Anche dal punto di vista occupazionale non mancano i ritorni positivi con una nuova figura emergente, l'Ip manager, incaricato di coordinare le politiche di proprietà intellettuale e industriale.