Non è l’impiego che manca: dobbiamo ritrovare la voglia di metterci in gioco, soprattutto i giovani. Una cosa è sicura: trovare un lavoro è un lavoro… che richiede impegno e talento.
Qualificazione e competenze sono le parole chiave dell’occupazione. Ma anche formazione continua, spirito di sacrificio, disponibilità a muoversi e ad accettare all’inizio compensi più bassi. Intanto le agenzie non sono più uffici di collocamento, ma diventano “career center”.
Le statistiche più recenti, complice una crisi che non accenna a passare, parlano di un tasso di disoccupazione crescente. Ma è il lavoro che manca o è il mercato che cambia?
“Direi piuttosto che il mercato del lavoro ha sempre le stesse dinamiche, solo che in realtà sono sempre più veloci. Se proviamo a fotografare il settore vediamo questi elementi preponderanti: una bassissima spendibilità dei profili meno qualificati e la disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani. Di contro, paradossalmente, ci sono interi settori con posti liberi che si fa fatica a colmare perché non ci sono abbastanza lavoratori con competenze specialistiche e qualifiche elevate”.
Quindi un mercato in cui domanda e offerta non riescono a incontrarsi.
“Se vogliamo fare un paragone tipico del settore turistico, siamo in una situazione di overbooking contro vacancy… aerei e alberghi strapieni un un’isola – con tutti i disagi del caso – mentre poco lontano non si vede l’ombra di un turista. La verità è che oggi i profili spendibili sul mercato del lavoro sono molto specifici oppure prevedono un livello di competenza molto spinto. Rapportato alle persone questo rende la situazione ancora più difficile: chi non ha le competenze giuste si trova messo sempre peggio, mentre chi le possiede non si troverà mai senza un impiego”.
Poche speranze per chi non è sui gradini alti della scala del lavoro, quindi.
“No, attenzione: non sto parlando solo di profili elevatissimi. Il ragionamento vale anche per un bravo centralinista, una brava commessa… L’accento è sul “bravo”, perché la competenza è di per se stessa una qualificazione. Poi naturalmente bisogna continuare ad aggiornarsi, perché non solo il posto fisso non esiste più, ma ha appiattito il mercato. Il fatto è che i mestieri cambiano, a volte semplicemente spariscono, e a fare la differenza resta la qualificazione”.
Tornando alla domanda iniziale, quindi, il mercato è più veloce e quindi più competitivo?
“Esattamente, ed è questo che ha allargato il divario tra le competenze richieste e quelle offerte. Il sistema economico, le aziende più intelligenti, cercano ovviamente di attrarre i migliori talenti, che come abbiamo visto sono una risorsa molto scarsa. Solo che il mix di competizione e velocità ha reso questa dinamica naturale ancora più drammatica”.
L’incognita più preoccupante riguarda il tasso di disoccupazione dei giovani, anche se per alcuni è un problema reale mentre per altri è solo un dato fittizio, virtuale.
“Qui bisogna capirsi bene ed essere onesti senza ipocrisie. La disoccupazione dei giovani è vera perché i numeri dicono proprio questo. Però c’è un aspetto paradossale: va detto che mentre le aziende investono per rimanere competitive sul mercato e quindi offrono ai giovani molte nuove e interessanti opportunità, non tutti i ragazzi disoccupati sanno coglierle o si dimostrano disposti a farlo. Bisogna imparare prima di tutto a credere in se stessi e poi a investire il proprio tempo, le energie, la voglia e la passione, nella ricerca non solo di un lavoro, ma di una professione, di una competenza. E aggiungo: investire su se stessi e sulla propria formazione vuol dire anche accettare all’inizio un compenso basso, fare gavetta, essere pronti a partire con la valigia per qualificarsi, entrare dalla porta di servizio pensando al futuro, imparare. Insomma, farsi un culo così perché niente può sostituire la disponibilità al sacrificio”.
E qui torniamo a un altro vecchio problema: la preparazione scolastica è sufficiente a coprire le esigenze e le necessità del mondo del lavoro?
“Macché. Con tutta la buona volontà di chi mette il gioco se stesso tutti i giorni, sono due pianeti sempre più lontani. E non solo per colpe della scuola, ma anche per la tendenza dei ragazzi a fare il minimo indispensabile, a distrarsi. Posso rispondere con una battuta? Per fortuna su internet non c’è solo FaceBook, ci sono anche opportunità di approfondimento che qualcuno sa cogliere”.
Ma in un mercato così competitivo, allora, come si fa a rendersi più “appetibili”?
“Qualche suggerimento l’ho appena dato. E ne aggiungo qualche altro, ricordando che cercare un lavoro è già un lavoro. Che ti deve assorbire otto ore al giorno, come se tu in cerca di occupazione fossi un’azienda a caccia di clienti. Devi avere le idee chiare su qual è il tuo obiettivo: che cosa fare, con chi farlo, in base a quale modello di business. Una volta scelto un target chiediti onestamente quanto vali e cerca di esserne davvero consapevole: sono interessante? cosa ho da offrire? come posso spendermi?”
Domande valide per il piano industriale di un’azienda…
“Quindi a maggior ragione per un candidato in cerca di lavoro. Bisogna essere metodici, definire le attività, i canali da seguire, come individuare e contattare i potenziali datori di lavoro, darci dentro con costanza e vendere bene la propria merce. Riassumo in qualche consiglio per i ragazzi che si vogliono costruire una carriera: conoscersi bene, capire se i propri talenti sono compatibili con il mercato, trovare il modo giusto per comunicare le proprie competenze, e, lo ripeto ancora una volta, non mollare mai perché cercare lavoro è un lavoro”.
Dopo i giovani, parliamo anche di chi il lavoro lo aveva ma ha perso a causa della crisi.
“Questo è un momento davvero difficile soprattutto per chi non si aggiorna da troppo tempo. A vent’anni hai una mente brillante, mentre a 50 se hai perso il passo con l’innovazione il mondo ti sembra cambiato, non ti ci ritrovi più. Ci sono persone che è effettivamente arduo riproporre al mondo del lavoro. Prima di tutto bisogna riqualificarsi, ritrovare una motivazione e rimettersi in gioco. In questo scenario… Posso estremizzare? Anche gli ammortizzatori sociali, utili e necessari per superare il dramma della mobilità, sono un disastro”.
Perché? La sua è un’opinione davvero controcorrente.
“Perché tolgono lo stimolo a mettersi in discussione a chi rimane senza lavoro. Un sistema che va rivisto e da un lato trasformato in un agile meccanismo di welfare a servizio delle categorie che ne hanno più bisogno, soprattutto per chi è in età avanzata, e dall’altro sostituiti da stimoli formativi e incentivi alla formazione. Nel mercato del lavoro ora più che mai è il momento di modernizzare: non sto parlando dell’articolo 18, che è un falso problema e viene utilizzato in modo strumentale, ma di definire e applicare poche semplici norme. Ne basterebbero dieci”.
Quindi la risposta giusta all’invecchiamento delle competenze è la formazione continua.
“Sì, certamente. La formazione è un diverso approccio alla vita, è curiosità, è aggiornarsi, studiare, leggere, navigare in rete, guardare programmi intelligenti, credere nel cambiamento… Il problema vero è che dovremmo uscire da quell’area di confort nella quale ci rifugiamo troppo spesso. Come allenarsi nello sport, se non ci si sente stanchi è perché non si è fatto abbastanza per migliorare”.
A proposito di cambiamento: anche il gruppo In Job sta facendo la sua parte, con il “vecchio” ufficio di collocamento che diventa career center.
“Arriva il momento in cui bisogna chiedersi se va bene continuare a fare quello che si è sempre fatto o bisogna innovare. Da tempo noi stiamo ragionando su come modificare il nostro modello di business, e abbiamo deciso che il giusto posizionamento è sul segmento “professional”. Di qui la scelta di unificare le sedi e operare in luoghi e strutture adeguate, anche per ottimizzare i costi e la logistica. Le nuove sedi sono state aperte a Mantova, Padova e Milano, tra poco toccherà a Verona e a Brescia, e dopo l’estate a Bergamo, Treviso e Vicenza”.
Un nuovo look o anche nuovi contenuti?
“Il cambiamento non è solo nell’estetica e nel design ma anche concettuale. Partiamo dal principio che il nostro primo cliente sono i candidati: li accogliamo in un ambiente moderno e avveniristico, con salette per i colloqui, aree multimediali dove tenere corsi di formazione di qualità e gratuiti. È il modo giusto per attrarre i veri talenti, non più una massa indifferenziata. Per i clienti azienda ci sono workshop, strutture, formazione, servizi, possono tenere da noi i loro colloqui di selezione con la massima riservatezza. E lo abbiamo fatto per noi stessi: l’ambiente e la filosofia motivano e fanno team: addio stanze singole e poi open space, oggi l’ufficio è flessibile, con spazi aperti ma anche riservati, wifi dappertutto, anche al bar”.
Sembra un po’ la filosofia di easy office tipica di Google, di Apple o di Facebook…
“Non c’è più lo spazio di lavoro fisso, la mia scrivania o la tua: puoi, anzi, devi girare! Ci sono anche sale riunioni in piedi, perché si ragiona bene camminando o con un bicchiere in mano. Lavoriamo sodo, produttività e soddisfazione aumentano, ma senza stress, grazie al concept tipico degli Stati Uniti e del Nord Europa. Perché questa scelta? Perché nel mondo del lavoro il mass market oggi è sempre più schiacciato verso il basso, mentre In Job vuole dedicarsi ai candidati che hanno un elevato potenziale, ai professionisti, al middle managment. E tutti questi elementi ci aiutano a differenziarci dai competitor: la nostra proposta di valore diventa palese fin dal primo approccio”.