Il congedo di paternità è un periodo di tempo che viene riconosciuto ai neo-papà (sia per nascita sia per adozione) previa domanda al proprio datore di lavoro o, in alcuni casi, direttamente all’INPS e va goduto entro il quinto mese dalla nascita, adozione o affidamento del figlio.
La Legge di bilancio 2019 ha portato i giorni di congedo obbligatori da quattro a cinque, con la possibilità di aggiungerne uno facoltativo, se la madre decide di rinunciare ad uno dei propri.
Il congedo di paternità si aggiunge e non sostituisce quello della madre, fatta eccezione per il giorno facoltativo, per il quale si percepisce il 100% dello stipendio, che può essere retribuito completamente dall’INPS, dopo la richiesta effettuata secondo quanto previsto sul sito dell’Ente.
Il congedo di paternità in Europa
A inizio anno, l’Unione Europea ha emanato una direttiva che prolunga il congedo di paternità, concedendo fino a 10 giorni di permesso retribuito. Gli Stati membri hanno 3 anni di tempo per adeguarsi e a loro spetterà decidere i limiti di tempo entro cui i lavoratori potranno usufruire di queste giornate e il grado di flessibilità della loro applicazione (tempo parziale, periodi alternati, ecc).
Anche se l’Italia attualmente è il paese europeo con il congedo di paternità più breve, negli ultimi anni abbiamo assistito a più proposte di legge per prolungare il tempo che i papà possono passare con i figli, contestualmente o successivamente alle neo-mamme.
In particolare, ha fatto molto discutere la proposta di legge che prevede un congedo di paternità di ben quattro mesi, di cui i padri dovrebbero poter usufruire dopo la nascita di un figlio o dopo il congedo di maternità.
La proposta di questo periodo prolungato viene da tematiche affrontate dall’Unione Europea, che ha ipotizzato l’introduzione di due mesi di congedo retribuiti e non trasferibili per entrambi i genitori, più altri due per i quali dovranno essere i singoli Stati a stabilire livelli di retribuzione e tempi di utilizzo.
Tra i paesi comunitari, lo Stato più all’avanguardia è la Svezia, dove ai genitori spettano 480 giorni di congedo, da godere entro i 9 anni del figlio e da suddividere tra madre e padre.
La riduzione del gap di genere
Tutte le normative recenti, legate alla tematica della nascita di un figlio sono volte a ristabilire uno spazio di parità di genere che, in questo caso, non porta solo le donne ad essere svantaggiate, ma anche i padri, che in molti casi non riescono a passare un tempo sufficiente con i figli per poter consolidare il proprio legame con loro e supportare la madre nella gestione familiare.
In quest’ottica, nell’Unione Europea si discute della possibilità di usufruire di modalità di lavoro flessibile o a distanza per poter conciliare la vita professionale con quella privata, nel caso in cui il lavoratore presti assistenza ad un familiare.
Le madri, infatti, sono obbligate per legge ad un periodo di assenza dal lavoro di quattro mesi, che anche se permette loro di essere più presenti nelle prime fasi di vita dei bambini, ne rende più complicato il reinserimento nel mondo del lavoro. Rendendo obbligatorio lo stesso periodo di congedo anche per i padri, si riporterebbe un equilibrio sia nella vita privata, sia in quella professionale di uomini e donne.