Hard skill e competenze tecniche
I compiti di un’analista programmatore prevendono la definizione dei task necessari al sistema e la pianificazione delle diverse fasi di sviluppo, per cui, sotto l’aspetto prettamente tecnico, questa figura deve avere conoscenze informatiche avanzate e buona dimestichezza con i linguaggi di programmazione più diffusi.
Rappresenta un titolo preferenziale una laurea in ingegneria informatica, che permette al futuro analista di avere un’adeguata preparazione tecnica, ma soprattutto una forma mentis tale da aiutarlo nell‘identificazione sistematica dei problemi e delle loro possibili soluzioni.
Soft skill: dalla flessibilità alle capacità di organizzazione
Questa figura deve inquadrare al meglio le esigenze della committenza, sia essa un cliente esterno o i quadri dirigenti, e redigere un progetto, affiancato da Software Engineer e programmatori, affinché il risultato risponda alle necessità evidenziate. Tra le soft skill necessarie possiamo annoverare capacità di problem solving e di organizzazione, che gli permettono di pianificare adeguatamente le fasi di sviluppo rispettando le scadenze.
L’usabilità e le doti comunicative
Altro aspetto fondamentale è la conoscenza dei principi di usabilità, nonché acute doti comunicative: l’analista deve essere in grado di guardare ogni sistema con gli occhi dell’utilizzatore finale e attivarsi affinché l’interfaccia grafica e le funzionalità rispettino sia le capacità informatiche che le necessità organizzative di chi effettivamente utilizzerà il software nel quotidiano.
Questa figura diventa un ponte che unisce sotto una visione d’insieme il reparto development, la committenza e gli utilizzatori, per dar vita a soluzioni semplici ma altamente targettizzate e funzionali.
Indispensabile alle aziende medio-grandi che dispongono di un reparto IT interno, ma ancor di più alle Software House, alle università e ai centri di ricerca internazionali, possiamo definire l’analista programmatore il “lavoro del futuro”, sempre più ricercato e, al momento, con una bassa competitività in termini di offerta sul mercato italiano. Fattore che alza la posta in gioco e aumenta il valore intrinseco di questa professione, facendola divenire un ruolo molto ambito e al contempo ben remunerato.