Matteo, allenatore di voce e scrittura. Ci racconti il tuo percorso personale e professionale?
È un percorso che pare disegnato da un appassionato di rally: pochi rettilinei e molte curve a gomito. Ho fatto il giornalista, mestiere che poi ho abbandonato a trent’anni, nonostante l’assunzione pronta in un serissimo e solido quotidiano. Ho fatto poi il copywriter e quindi il giornalista freelance, scoprendo infine, quasi per caso, il mestiere di formatore.
Svantaggio: ero già quarantenne e in questo lavoro ci vogliono anni per costruirsi una rete solida. Vantaggio: ero già quarantenne e mi sono inventato un metodo che, almeno credo, mi rende unico e originale. Le persone si divertono, lavorando. E divertendosi, portano a casa il triplo.
Stefania Bellorio, nostra collega responsabile dell’area formazione, ha seguito un tuo webinar durante il lockdown ad aprile ed è rimasta ben impressionata dal tuo intervento sul tema “L’efficacia delle riunioni in modalità virtuale”. Da qui l’idea di coinvolgerti nei percorsi formativi per il team inJob e di passare da una tradizionale formazione sul public speaking al tema più innovativo dei colori della voce. Come commenti il progetto?
Faccio salti di gioia quando un’azienda si fida di un’idea un po’ fuori dal comune. E sono felicissimo della reazione di voi inJobber: siete persone che con la comunicazione ci vivono; quindi, ipersensibili ai suoi errori e orrori. Siamo quasi colleghi, mi viene da dire.
Per me è stato facile perché io e voi siamo sensibili sulla difficoltà di comunicare, sul bisogno di farci capire meglio, sul valore di parlare in modo più chiaro e coinvolgente. Per ognuno di noi c’è almeno una situazione difficile da affrontare: superare l’ansia da prestazione, rispondere con cuore a una critica, coinvolgere prima e meglio le persone, stimolare le più timide… Conto e spero che tutti si siano portati a casa più consapevolezza, fiducia nella propria (bella!) voce, stimoli per essere più bravi, capaci, creativi.
Non è semplice vendere efficacemente in modalità virtuale e l’uso delle diverse voci è fondamentale. Ci dai qualche dritta?
La nostra voce ha più di trenta colori, ma le voci positive fondamentali sono solo tre; evidenti e trasparenti, a patto di studiarle, capirle e sperimentarle. Purtroppo, quasi nessuno ne è consapevole. Per questo le confondiamo tra loro: usiamo ad esempio una voce decisa, convinta e autorevole in una fase che vorrebbe invece scioltezza, leggerezza e armonia.
Per non parlare della voce “grigia” o “svilente”. A noi sembra di parlare in “blu”, seri e composti; siamo invece tristi e piatti come Fantozzi davanti al capo ufficio.
Queste voci fanno danni nella nostra totale inconsapevolezza. La dritta più semplice per evitare almeno il grigiume ha cinque semplici parole: “parla con intenzione, sorridendo davvero”. Sembra banalissimo? Pazienza, è l’abc di ogni bravo comunicatore.
Ora che conosci i dipendenti inJob che idea ti sei fatto? Con quale voce parlano? Grigia, gialla, verde…?
Durante il corso hanno parlato tutti benissimo: grande giallo per cominciare in bellezza, verde per discutere e creare una relazione, blu per spiegare. La difficoltà è applicare i colori al lavoro quotidiano e alla vita. Ho già promesso che telefonerò loro con voce contraffatta – o mi presenterò mascherato – per metterli alla prova.
Scherzi a parte, mi hanno lasciato un’ottima impressione. Li ringrazio perché mi hanno stupito spesso e volentieri.
Sul tuo sito dici “Partecipare a un mio corso è difficile. Ne tengo pochi e li pubblicizzo ancor meno. Sono un pessimo marketing man di me stesso.” Perché hai risposto alla chiamata inJob? Ti siamo risultati subito simpatici?
Ma scherzate? Scrivo “ne tengo pochi e li pubblicizzo ancora meno”; vi pare che mi sogni di non rispondere alle chiamate? A ogni modo mi siete diventati simpatici subito quando ho scoperto che non parlavate con quel tremendo “viola manager”. È il colore che usano quasi sempre i professionisti, non solo del vostro settore. Ho trovato il contrario: persone che cercano la relazione vera con un mix di giallo positività, verde armonia e blu autorevolezza. Autorevolezza, non autorità.
E cosa ci puoi dire delle altre due dimensioni, corpo e parole? Quanto sono importanti oltre alla voce?
Beh, la scienza della comunicazione e le esperienze dicono che l’espressività è la prima cosa che ci convince o allontana. E che le parole contano molto meno di quanto pensiamo. In realtà la storia è più complessa. Di sicuro possiamo dire che più c’è armonia tra voce, corpo e parole, più siamo credibili. Per quel che ho capito in tanti anni di scrittura e discorsi, voce e parole, sorrisi e musi lunghi, dico che:
1) le parole semplici sono sempre le migliori. “Penso e credo” battono “ritengo e sostengo”. “Mi sembra giusto per te” surclassa “su misura per le tue esigenze”.
2) la voce deve aiutarci sempre: è lei che ci presenta bene, con la scioltezza di un discorso tra amici; è lei che abbassa toni e volumi quando diamo vita ai pensieri sinceri e profondi; è lei che ci trasforma in persone chiare e ordinate quando comunichiamo certezze. Poche, per carità, le certezze. Troppe fanno di noi dei politici da dibattito televisivo.
3) il corpo deve comportarsi, nel lavoro e nella vita, come quando facciamo sport. Qualunque sia il nostro sport, nessuno gioca rigido, a testa bassa, con le braccia incrociate e le gambe strette, giusto? E allora perché spesso lavoriamo, comunichiamo, spieghiamo così? Dobbiamo essere sciolti, armonici, equilibrati. Pronti a scattare a destra o sinistra. Anche davanti a un cliente o un candidato: pronti a scattare con le idee, i pensieri, la voglia di capire e farci capire. Se il corpo è in armonia con noi, testa, voce e parole agiscono di conseguenza.