Un manuale per imparare a dialogare senza timori sulla disabilità, destinato sia ai genitori di figli diversamente abili, che spesso temono di non essere all’altezza delle sfide che la vita ha posto loro davanti, sia ai genitori di tutti, per crescere bambini senza pregiudizi. È da qui che parte il libro “Zitto che ti sente” di Giuseppe Flore (Facilities Specialist inJob), nelle librerie da febbraio 2023. Reduce dal successo della presentazione al career center inJob di Brescia, in questa intervista l’autore esplora il feedback ricevuto dai lettori durante i suoi incontri in giro per l’Italia e l’impatto che l’opera sta avendo sulle percezioni e sugli atteggiamenti nei confronti della disabilità.
Qual è il feedback che stai ricevendo dai lettori e che impatto stai riscontrando in termini di cambiamento di atteggiamento e di percezioni sulla disabilità?
Flore: “Zitto che ti sente” è uscito circa un anno e mezzo fa e da allora ho avuto l’opportunità di presentarlo in diverse città d’Italia. Il pubblico è vasto e ho riscontrato vari feedback riguardo al tema che affronto nel libro. Durante le presentazioni, specialmente quelle rivolte a genitori e bambini, emergono diverse scuole di pensiero: molti genitori mi hanno confessato di aver sempre ritenuto che il modo migliore per proteggere i propri figli fosse non parlare della disabilità, mantenere il silenzio e non rispondere alle loro domande. Ascoltandomi, comprendono che la diversità – perché siamo tutti diversi, a prescindere dalla condizione o dal colore della pelle – non dovrebbe mai impedire di rispondere alle domande dei più piccoli. Questo dialogo li aiuta a crescere con maggiori certezze. Naturalmente mi rendo conto delle difficoltà nel fornire questo tipo di risposte, ma attraverso le mie parole cerco di far capire che non c’è nulla di sbagliato nel farlo. Io stesso, se avessi avuto più risposte, avrei accettato la mia condizione come normale, ed è proprio questo che il libro vuole trasmettere: normalizzare ogni aspetto della nostra esistenza, qualunque cosa significhi “normale”.
Quindi stai vedendo un cambio di atteggiamento anche con il contatto diretto con le persone?
Flore: Sì lo vedo, ed è un cambio sempre più necessario anche tra i giovani. Nelle scuole, parlando con gli studenti, noto che spesso incontrano difficoltà nell’approcciarsi alla diversità. Ad esempio, a volte fanno fatica ad interagire con un compagno disabile, il che genera in loro varie ansie. Il messaggio che voglio trasmettere è che l’unico modo per superare queste difficoltà è affrontarle senza troppe preoccupazioni.
Come stanno ricevendo il libro gli insegnanti, gli educatori e tutte le persone che hai conosciuto durante le tue presentazioni nelle scuole? Come stanno accogliendo e dialogando sui temi del libro dopo aver ascoltato la tua testimonianza?
Flore: Gli insegnanti e gli educatori spesso si complimentano con me per il libro e riconoscono l’importanza di affrontare questi temi nelle scuole. Come anticipato, anch’io ritengo fondamentale discutere di disabilità e diversità fin dall’infanzia, poiché è in questi ambienti che si formano le basi per una società più inclusiva. Tuttavia, noto frequentemente una mancanza di ascolto attivo da parte degli educatori nei confronti degli studenti. Mi è capitato di incontrare classi dove alcuni ragazzi esprimevano apertamente il loro disinteresse verso la disabilità. Ricordo in particolare un episodio in cui, durante una presentazione, ho chiesto agli studenti di descrivere la disabilità con una parola, solo per rompere il ghiaccio. Un ragazzo ha risposto: “A me non interessa niente della disabilità, perché non mi interessa nulla di nulla.” Questo commento mi ha colpito profondamente, poiché riflette una mancanza di empatia e di interesse che potrebbe essere sintomatica di un problema più grande. Tale atteggiamento potrebbe derivare da una carenza di dialogo e di comprensione all’interno dell’ambiente scolastico. Comprendo che i voti siano importanti, ma senza un vero rapporto e un ascolto sincero, le dinamiche personali e sociali degli studenti rischiano di restare irrisolte. Non solo, parlare di disabilità nelle scuole non significa solo educare sulla diversità, ma anche prevenire il bullismo e promuovere il rispetto reciproco. Io stesso ho subito atti di bullismo da giovane, quindi comprendo quanto sia importante far capire che le parole e le azioni hanno un peso. È fondamentale che gli insegnanti e gli educatori trasmettano ai ragazzi l’importanza di conoscere e rispettare gli altri senza pregiudizi.
Quindi il dialogo interno è fondamentale, sia in famiglia che nelle scuole.
Flore: Esattamente. Il silenzio non porta a nulla, ed è per questo che il titolo del libro, “Zitto che ti sente,” è provocatorio. Stare zitti non risolve i problemi, anzi li aggrava. Il dialogo aperto e sincero è essenziale per superare le barriere e promuovere una maggiore comprensione e inclusione. Gli insegnanti devono essere pronti a discutere di questi temi e a creare un ambiente in cui gli studenti si sentano liberi di esprimere le loro preoccupazioni e domande.
Spostandoci nel mondo del lavoro, quali sono le barriere culturali e strutturali che stanno ostacolando l’inclusione delle persone con disabilità e come possiamo superarle?
Flore: Parlando del mondo del lavoro, ho avuto esperienze sia positive che negative, come descrivo nel mio libro. All’inizio della mia carriera, ho incontrato notevoli difficoltà. Ricordo un episodio in particolare, durante un colloquio con un recruiter: l’intervista era basata esclusivamente sul fatto che l’azienda stesse cercando una persona con disabilità, senza alcuna considerazione per il mio background o i miei interessi. Mi è stato detto: “L’opportunità è questa, se vuoi accettarla,” come se una persona con disabilità dovesse accettare qualsiasi proposta senza riserve. Questo atteggiamento è profondamente sbagliato, sia nei confronti della persona disabile, che non dovrebbe sentirsi obbligata ad accettare qualunque offerta, sia per l’azienda, che non dovrebbe assumere solo per obbligo o incentivi, ignorando competenze e aspirazioni. Sebbene il lavoro sia una necessità, la dignità personale deve essere preservata, e le aziende dovrebbero ascoltare e comprendere meglio le esigenze individuali, non solo al momento del colloquio, ma anche successivamente. Ho avuto anche esperienze positive, in cui l’azienda mi ha riconosciuto come una risorsa preziosa. Questo è il tipo di mentalità che dobbiamo promuovere. Quando un’azienda e una persona con disabilità trovano un accordo basato sul rispetto reciproco e la comprensione delle rispettive esigenze, il rapporto lavorativo può essere estremamente fruttuoso. La chiave è la personalizzazione e l’ascolto.
Questo tipo di atteggiamento deve proseguire anche dopo il colloquio, all’interno dell’ambiente di lavoro?
Flore: Assolutamente sì. Ad esempio, le infrastrutture aziendali spesso non sono accessibili a tutte le disabilità, e queste barriere strutturali devono essere rimosse. Tuttavia, la barriera mentale è la più critica: senza un cambiamento di mentalità, non si farà alcun progresso significativo. Se cambiamo il modo di pensare, possiamo fare grandi progressi. Le aziende devono capire che, oltre all’incentivo economico o all’obbligo di legge, hanno di fronte delle persone che possono portare un contributo significativo. I disabili devono essere visti come risorse, non come pesi.
Una riflessione finale da lasciare ai lettori e non solo?
Flore: Per quanto riguarda la società, penso che faremo dei veri progressi quando smetteremo di sorprenderci nel vedere una persona disabile giocare con ragazzi normodotati. Provo lo stesso sentimento riguardo alla “giornata della disabilità”. Celebrare questo giorno, a mio avviso, contribuisce a creare una separazione tra normodotati e disabili. Non esiste una “festa del normodotato”, quindi perché dobbiamo celebrare la diversità in questo modo? È certamente importante riconoscere i diritti delle persone con disabilità, poiché rappresentano una minoranza, ma finché continueremo a considerarle tali, non ci sarà un vero cambiamento. Quando non ci stupiremo più vedendo una persona in carrozzina, quando sarà tutto considerato “normale”, allora avremo fatto dei passi avanti. Fino a quel giorno, penso che ci sia ancora molta strada da fare, e spero che “Zitto che ti sente” possa contribuire ad avvicinarci a questo traguardo. L’ho scritto con l’intento di sensibilizzare e far riflettere le persone sulla realtà delle disabilità, raccontando le mie esperienze personali non solo per condividere le sfide, ma anche per mostrare le possibilità e i successi che si possono ottenere. Voglio che le persone vedano che la disabilità non definisce completamente una persona, ma è solo una parte della sua vita. Il mio obiettivo è quello di normalizzare la disabilità, di far capire che le persone con disabilità hanno sogni, aspirazioni, capacità e desideri come chiunque altro.